L’assegno di mantenimento e l’onere della ricerca di lavoro: la Cassazione si è espressa con ord. n. 3354/2025
L’assegno di mantenimento e l’onere della ricerca di lavoro: la Cassazione si è espressa con ord. n. 3354/2025
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 3354 del 10 febbraio 2025, ha stabilito che il
coniuge separato che richieda l’assegno di mantenimento e per il quale sia stata accertata
l’attitudine a lavorare non può limitarsi ad opporre la propria disoccupazione o la mera disparità
reddituale rispetto all’altro, ma deve invece dimostrare di essersi attivato per cercare
un’occupazione adeguata alle proprie capacità oppure, in alternativa, di aver rifiutato offerte di
lavoro solo per motivi giustificati.
Il caso deciso
Un uomo aveva impugnato la sentenza di primo grado (del Tribunale di Palmi), che aveva
riconosciuto un assegno di mantenimento alla moglie. La donna sosteneva di aver contribuito alla
famiglia gestendo la casa, mentre il marito provvedeva al sostentamento economico. Tuttavia, la
Corte d’Appello, nel riformare la decisione, ha sottolineato come la moglie non aveva provato di
aver cercato lavoro ma, anzi, aveva rifiutato un’offerta lavorativa senza fornire spiegazioni,
essendosi limitata ad allegare di aver “inviato un curriculum in banca e di avere difficoltà a trovare
un lavoro perché priva di autovettura”. La Cassazione, con il provvedimento segnalato, ha quindi
confermato questa decisione.
Il principio espresso dalla Suprema Corte
La Cassazione ha ribadito che, in materia di separazione, l’attitudine al lavoro “proficuo” dei
coniugi costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di
mantenimento da parte del giudice, gravando sul coniuge che faccia richiesta dell’assegno di
mantenimento, laddove risulti accertata la sua capacità di lavorare, l’onere di dimostrare
(quantomeno) di essersi attivato, ancorché senza fortuna, per reperire un’occupazione retribuita in
linea con le proprie attitudini professionali.
Conclusioni
La decisione ribadisce quindi che l’assegno di mantenimento non costituisce un “diritto
automatico”, ma può essere riconosciuto a condizione che il coniuge economicamente più debole
dimostri:
– di essere privo di mezzi economici e
– di aver concretamente cercato un’occupazione adeguata.
Ne deriva che, se il coniuge richiedente possegga capacità lavorative ma non provi, però, di aver
fatto tutto il possibile per reperire un’occupazione confacente alle proprie capacità, l’assegno si
trasformerebbe in un sostegno ingiustificato, non potendo essere certamente “premiata” la scarsa
iniziativa o addirittura il rifiuto di proposte lavorative, ciò che diversamente si porrebbe in contrasto
con i principi di diligenza e solidarietà familiare sottesi all’art. 156 c.c.